lunedì 4 agosto 2014

Ho letto: Il Cammino immortale di Rufin

Tra le migliaia di pellegrini che percorrono il Cammino ogni anno capita ogni tanto che ci sia qualcuno che sappia anche scrivere, scrivere bene intendo, uno scrittore magari. Può anche succedere che il suddetto scrittore percorra il Cammino senza la minima intenzione di volerne trarre un libro, un diario tanto meno, ma che nel corso di un pranzo, qualche anno dopo, il racconto di quell’esperienza faccia riemergere vividamente i ricordi come se si fosse conclusa il giorno prima e che “…immagini di cieli smaglianti e di sentieri fangosi, di ermitas solitari e di coste battute dalle onde…” irrompano improvvisamente nella vita  quotidiana. Perché “…nel carcere della memoria il Cammino si destava, sbatteva contro i muri, mi chiamava (…) tirando il filo, è tornato tutto”

Solo alla conclusione del suo libro Jean Christophe Rufin ci svela come ha cominciato a scrivere questo racconto personale, profondo, ironico e disincantato di un’esperienza in costante bilico tra l’atletico e lo spirituale, tra lo zen e l’arte di preparare lo zaino, tra un’immersione nella natura che lo porterà al limite del Panteismo e i chilometri di attraversamenti delle nuove lottizzazioni sulla costa nord della Spagna.

Percorrendo il Cammino del Nord, dopo aver scelto di andare a Santiago quasi per caso, scoprirà tutte le bassezze a cui il pellegrino “forzato del Cammino” accetta di sottoporsi con gioia e umiltà per mantenere il suo status di camminante in povertà e che le privazioni non riguarderanno solo i beni e le comodità quotidiane, ma anche le aspettative che chiunque ha alla partenza di una simile impresa. Il pellegrino parte sapendo che potrà contare solo su ciò che si porta dietro, che dovrà accontentarsi di dormire e lavarsi in posti che in altre occasioni definirebbe squallidi e che la fatica metterà a dura prova il suo fisico, ma non mette in conto che non sempre le sue aspettative riguardo al paesaggio, agli incontri, ai luoghi attraversati saranno rispettate e solo camminando a lungo si può arrivare a comprendere che anche quelle rinunce e accettazioni fanno parte del Cammino e che solo accogliendole si può diventare Vero Pellegrino.

La sintesi che Rufin fa del suo pellegrinaggio è quanto meno originale se la si confronta con il vissuto di altri autori: “Quando sono partito per Santiago non cercavo niente e l’ho trovato”; l’impressione che ho avuto io leggendo il libro è che invece Rufin sia in costante ricerca e che sulle strade del Cammino del Nord abbia intravisto qualche cosa, per questo nelle ultime due righe del libro annuncia che sta per ripartire come tutti noi del resto.

Il Cammino immortale - La strada per Santiago
di Jean-Christophe Rufin 
Ponte alle Grazie 2013


Ultreya!

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